All'inizio dell'ottocento le conoscenze scientifiche che avrebbero dato vita all'invenzione erano dunque disponibili: a quel punto alcuni personaggi poliedrici provenienti da esperienze diverse, ma accomunati dal desiderio di salvare in qualche modo le immagini che si formavano nella camera oscura, riuscirono a mettere a punto una serie di procedimenti fotografici.
La luce, in particolare quella solare, produce cambiamenti su molte sostanze, ad esempio la mela posta sul ramo assolato matura prima di un'altra in ombra, e la stessa mela presenta colorazioni diverse in zone con diversa esposizione...
Il procedimento venne messo a punto nella prima metà dell'ottocento; il carteggio fra personaggi emblematici, l'analisi delle cronache, la presentazione dei brevetti, ha permesso di definire date certe e paternità. Nei paesi di lingua inglese l'apparecchio fotografico viene comunemente detto camera, e tale termine viene ormai adottato dai fotografi di tutto il mondo; esso deriva da un principio di fisica: la camera obscura.
Quello della messa a fuoco automatica era un vecchio sogno dell’industria fotografica. Già nel 1963, la Canon presentò un prototipo del genere, mentre, nel 1971, la Nikon propose un 80 mm f/4,5 autofocus grande come una scatola da scarpe.
Il desiderio di registrare automaticamente le immagini risale alla preistoria, quando l'uomo primitivo imprimeva il segno della mano sporca di fango su di una roccia liscia. La soluzione del problema ha richiesto l'applicazione congiunta di due distinte invenzioni: la proiezione di un'immagine su una superficie e l'impressione stabile ed evidente della figura su un supporto sensibile alla luce. Diverse scoperte nei campi dell'ottica e della chimica hanno perciò portato al risultato finale della fotografia.<
Il desiderio di registrare le immagini senza necessariamente possedere abilità particolari risale addirittura alla preistoria, quando l'uomo primitivo imprimeva il segno della mano sporca di fango su di una roccia liscia.